di Marco Maglio
Se un dato è pubblicato sul web si può usare liberamente a fini di marketing? No ed è per questo che il web data scraping resta una pratica vietata
Se un dato è pubblicato sul web si può usare liberamente a fini di marketing? No ed è per questo che il web data scraping resta una pratica vietata
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Ne abbiamo parlato tempo fa in questo Post dedicato al marketing ed alle tentazioni di usare ogni dato che ci passa sotto il naso.
Anche voi sapete resistere a tutto tranne che alle tentazioni?
Anche voi sapete resistere a tutto tranne che alle tentazioni?
Ognuno
potrà rispondere come gli suggerisce la sua legge interiore. Certo è
che invece i professionisti del marketing nell'era dei social e di
quella enorme banca dati a cielo aperto che è diventata il web devono
imparare a resiste ad almeno una tentazione: copiare i dati disponibili
ed usarli senza aver dato un'inforamtiva e aver raccolto il consenso
degli interessati.
La tentazione è forte ma bisogna resistere per non incorrere in pesanti sanzioni.
Lo
ha ribadito recentemente il Garante per la protezione dei dati
personali che ha pronunciato una solenne sconfessione dei software che
raccolgono on line in maniera sistematica e indiscriminata dati e
informazioni per realizzare liste da utilizzare a fini di marketing.
Chi
intende raccogliere tali dati deve acquisire il consenso libero,
informato, specifico per ogni finalità che intende perseguire: invio di
messaggi a fini promozionali, analisi degli interessi e profilazione,
comunicazione a terzi.
Il
Garante lo dice da tempo (il primo provvedimento a tale riguardo risale
al maggio 2001 e le linee guida per l'uso dei dati a fini promozionali e
per il contrasto allo spamming del luglio 2013 ribadiscono queste
regole). Ma ancora più recentemente il Garante dichiarato illecito e ha
vietato ad una società la formazione e la diffusione on line di un
elenco telefonico contenente dati di oltre 12.500.000 persone non
raccolti dal dbu ma da altri siti web senza il consenso degli utenti. I
dati trattati in modo illecito dovranno essere cancellati dalla società
autrice di questa attività.
Questa
volta il Garante condanna in modo ancora più espicito la pratica del
web scraping, la pesca a strascico che permette di raccogliere mediante
software una enorme massa di dati presente in rete.
Svolgere
queste attività senza il consenso degli interessati costituisce un
trattamento particolarmente invasivo per l’agevole reperibilità dei dati
anche mediante i più comuni motori di ricerca e per la possibilità che
essi possano essere utilizzati anche per ulteriori trattamenti (ad es.
marketing indesiderato).
In
definitiva viene ribadito il principio per cui non basta che un dato
sia pubblico per ritenere che esso sia liberamente utilizzabile. Questo
conferma ancora una volta di più, se ce ne fosse bisogno, che la
normativa sui dati personali non protegge la privacy delle persone ma
previene gli utilizzi impropri dei dati riferiti agli individui, a
prescindere dal fatto che questi dati siano riservati o noti a tutti.
Ciò
che la normativa protegge è il diirtto all'autodeterminazione
individuale: ognuno di noi ha diritto ad esercitare un controllo sulle
informazioni che lo riguardano e a impedirne utilizzi abusivi in assenza
del suo consenso, salvi i casi specifici in cui la normativa non
preveda la necessità di tale consenso.